Eyes wide shut

Ignaro dei vissuti di sua moglie, ingenuamente convinto che le pulsioni extra-coniugali siano prerogativa di una certa categoria di uomini di cui non sente di far parte, il dr. Bill è sconvolto e ferito dalle parole di Alice, che gli rivela un passato di fantasie sessuali non consumate solo per pura casualità. Una confessione dolorosa che costringe Bill a intraprendere un viaggio nell’inconscio per affrontare questioni di coppia che non avrebbe mai voluto toccare. Nel dialogo tra Bill e Alice emerge con evidenza come il desiderio maschile non risolva l’enigma della sessualità femminile. Non esiste un istinto capace di regolare l’unione tra i sessi: la disarmonia caratterizza strutturalmente il rapporto sessuale, impedendone l’integrazione reciproca. E l’amore resta il solo modo di abitare il sesso, l’unica possibilità di incontrare la donna, alterità irriducibile ad una relazione che non c’è.

Ma Bill non accetta la dura verità di Alice: e reagisce ottusamente riaffermando la legge maschile. Si potrebbe sostenere che Bill rovesci il celebre aforisma lacaniano “non esiste rapporto sessuale“ (intendendo Lacan con tale formula non l’inesistenza della sessualità ma l’inesistenza del rapporto) in “esiste solo il rapporto sessuale”.

L’odissea erotica di Bill si risolve inevitabilmente in un totale insuccesso: il rapporto sessuale, insistentemente ricercato, risulta sempre impedito e l’incontro con una realtà intima e profonda, che avrebbe potuto trasformare la sua esistenza, non produce in lui nessuna metamorfosi. I suoi occhi si chiudono davanti all’inconscio, per riaprirsi su un nuovo ordine difensivo. Nel finale sarà Alice a riaccogliere le parti meno desiderabili sue e di Bill, riportando il perturbante al razionale e approdando ad una condizione di coppia precaria e compromessa, ma non più lacerata da pulsioni inquietanti.